giovedì 26 aprile 2007

Recensione: Non buttiamoci giù

NICK HORNBY; NON BUTTIAMOCI GIU’
ed. Guanda, collezione “le fenici tascabili”.
Nel titolo di questo libro è riassunta la prima parte della storia:
tutto infatti inizia con quattro sconosciuti che si incontrano sul tetto della “casa dei suicidi”, a Londra. La presenza di altre persone intente a buttarsi è un fattore di disturbo che rompe il macabro equilibrio mentale che precede il salto. I quattro non si buttano, rimandano il gesto e iniziano una nuova fase delle loro vite.
La narrazione è in prima persona e salta da un personaggio all’altro lungo tutto il libro. Questa tecnica permette di portare il lettore dentro le menti dei personaggi e al contempo variare il metodo di scrittura in modo radicale da pagina a pagina. I quattro personaggi entrano in categorie di persone decisamente diverse e descrivono quattro differenti situazioni che possono spingere al suicidio. Martin è un ex conduttore televisivo di successo rovinato per aver tradito la moglie con una ragazzina di 15 anni, la sua vita è rovinata per errori che lui ha commesso in prima persona. Maureen è una donna che per quasi tutta la sua vita ha accudito suo figlio il quale è praticamente un vegetale, la sua vita è rovinata per motivi esterni e si divide tra la disperazione e il senso di colpa perché vorrebbe non aver avuto suo figlio. Jess è una ragazzetta, prototipo di adolescente volgare, ribelle ed estremamente confuso. Jess ha tutta la vita davanti, non vive una vita “rovinata”, ma la sua leggerezza e la sua impulsività la dominano completamente. JJ è un ragazzo americano, da poco uscito dal college e ancora incapace di fare quel passo in avanti verso una vita da adulto, soffre perché la sua band si è sciolta e la sua ragazza lo ha lasciato, eventi superabili, ma che vengono ingigantiti dall’assenza di qualche altro obiettivo di vita.
Il libro nel complesso è godibile, la storia “funziona” anche se non siamo davanti ad un capolavoro. Interessante è soprattutto il percorso interiore dei protagonisti. In particolare uno di loro si renderà conto di cosa è il suicidio: atto d’amore nei confronti della vita e non un gesto nichilista.

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