mercoledì 20 febbraio 2008

Il rischio è il mio mestiere (parte 2)

Arrivati a questo punto abbiamo già parlato del concorrente di affari tuoi e del roditore; vorrei adesso parlare della multinazionale e del ragazzino, cercando di evidenziarne atteggiamenti “tipici” e riconducibili direttamente all’avversione al rischio.

Per ognuno di voi sarà stato impossibile non accorgersi dell’ultima moda in fatto di scarpe: sono tornate le All Star! Non che fossero sparite, ma di sicuro dalla scorsa estate hanno ripreso a vendere come non succedeva da parecchio tempo.
L’industria delle calzature sportive ha prontamente reagito: ogni marchio si è messo a copiare il modello che sta riscuotendo così tanto successo. Persino Dolce & Gabbana ha messo in commercio una riproduzione del modello di casa Converse.
Perché l’hanno fatto?
Copiare un modello altrui è una scelta che fa perdere prestigio al marchio, ma che tuttavia garantisce un numero di vendite tale da portare qualche guadagno; l’altra possibilità sarebbe stata quella di mettere sul mercato un modello originale che se avesse dato vita ad una nuova moda avrebbe portato grandi incassi...peccato quel “se”.
Creare un nuovo modello richiede investimenti consistenti, copiarne uno già in commercio è una via sicuramente meno costosa.
Cosa ha scelto D&G? Ha scelto la strada della avversione al rischio evitando i grandi investimenti “rischiosi”.
Curioso no? Nel comportamento di grandi multinazionali possiamo ritrovare elementi del comportamento di un piccolo topolino.
Passiamo al ragazzino.
Bisogna sempre cercare di pensare a cos’è veramente importante per il soggetto di cui parliamo e quali sono gli elementi di rischio che teme. Se applicare questo tipo di ragionamento al caso della multinazionale è facile, per il ragazzino è un po’ diverso. La società vuol guadagnare e teme di buttare via i soldi investiti. Per il ragazzino la cosa è diversa.
Penso infatti che per un adolescente uno dei problemi/obiettivi più importanti sia far parte di un gruppo, trovare spazio all’interno di una cerchia di amici.
Si capisce subito che il danno temuto, il rischio, è quello di essere escluso (chi tra voi ci è passato sa quanto si soffre).
Aggiungiamo un altro elemento: quando siamo adolescenti “siamo” immortali...non ci poniamo problemi in materia di integrità fisica, salute o quant’altro.
Bene, se le considerazione che ho appena fatto sono corrette capiamo perché si possano spiegare con l’avversione al rischio quegli atteggiamenti, alcuni piuttosto sciocchi, compiuti nel tentativo di integrarsi con gli altri.
Se si teme il contrasto con il gruppo allora avere una propria identità, un proprio modo di vestire, delle idee “diverse” è visto come un atteggiamento rischioso. Conviene quindi uniformarsi adeguandosi magari a quegli atteggiamenti propri dei ragazzi più carismatici o comunque più capaci di comportarsi in modo da “mettersi in evidenza”.
Se poi inseriamo anche la componente “immortalità” riusciamo forse a spiegare la corsa alla sigaretta, all’alcol e a quelle bravate sempre più di moda che iniziano a spaventare in particolar modo le società anglosassoni.
Semplificando possiamo dire che è tutto un gioco di avversione al rischio...

Nessun commento: