giovedì 8 febbraio 2007

Notizia del giorno...8/2

(Asca-Afp) - Londra, 8 feb - La famiglia di una ragazza musulmana di 12 anni, alla quale gli insegnanti hanno vietato di indossare il velo coprendo l'intero viso, ha deciso di fare causa alla scuola rivolgendosi all'alta Corte di Londra. L'avvocato ha definito il divieto ''irrazionale'', in quanto in precedenza lo stesso istituto scolastico aveva consentito a tre sorelle piu' grandi della ragazza di portare il ''niqab'' senza problemi . Secondo la famiglia della giovane, la decisione della scuola sarebbe in contrasto con l'articolo 9 della Convenzione europea sui diritti umani, che sancisce la liberta' di ''pensiero, coscienza e religione''.
L'avvocato della famiglia ha il coraggio di parlare di irrazionalità. Francamente la cosa lascia piuttosto perplessi. Forse un po' provocatoria, ma efficace la frase "da che pulpito viene la predica"... Ridicolo inoltre l'appellarsi della famiglia a valori che loro stessi non condividono, citano la carta dei diritti che, tra le altre cose, parla anche della parità tra uomo e donna; parlano di libertà di religione quando nei paesi islamici i cristiani, quando non sono perseguitati, sono sottomessi. Allontaniamoci però da un'ottica troppo parziale per parlare in ottica più generale dei vari scontri tra le usanze islamiche e quelle occidentali. Quando si tratta di questo argomento è difficile, se non impossibile, per una persona cresciuta in un ambiente laico come può essere quello del mio paese non sentirsi colpita nel profondo dei propri valori e costumi. Come si può allora avere un giudizio imparziale?
Partiamo dai fatti: sempre più spesso veniamo in contrasto con delle usanze, con dei costumi che cozzano con la nostra tradizione. Difendiamo i valori di libertà e uguaglianza, ma non siamo abituati ad un confronto con una cultura così diversa. La nostra libertà, mi sembra di percepire, appare diversa dalla libertà come è intesa in un ambiente così confuso con la religione come è quello islamico. Ai nostri occhi la condizione della donna nel mondo islamico appare una grave violazione dei nostri principi, solo che non lo sappiamo esprimere in modo opportuno, tramite una carta dei diritti e dei valori. Affermare i nostri valori, noi che siamo abituati alla razionalità e imparzialità scientifica, ci sembrerebbe una mossa antiliberale. Non sappiamo poi come reagire di fronte ad accuse che ci vengono mosse del tipo di quella apparsa nella notizia del giorno. Qualcuno crede di aver trovato la soluzione nel chiedere la reciprocità, ebbene, questa personalmente mi sembra una richiesta che non ha senso. Chiedere la reciprocità equivale a chiedere alle genti islamiche di abbandonare parte dell'islamismo, parte della loro mentalità. Non ci ricordiamo che nei secoli passati il Cristianesimo più chiuso dell'Islam. Chiedere la reciprocità semba una ipocrita scusa per giustificare dei provvedimenti che avremmo voglia di prendere,ma non sappiamo come fare (per esempio limitare l'uso del velo). Il problema è dentro di noi, non abbiamo bisogno di cercare delle giustificazioni. Basterebbe cercare di capire quali sono i nostri valori, quali sono i nostri costumi; il passo successivo sarebbe quello di abbandonare per un attimo il metodo scientifico e la totale imparzialità per riuscire ad imprimere su carta non solo dei valori, ma anche degli aspetti più vicini al costume, alla mentalità. Solo così potremmo abbandonare questa insicurezza, questa paura. Questo può spaventare perchè sembra contrario al principio per cui "non esistono principi", non esistono cioè delle "regole" di condotta, ma solo dei valori condivisibili da tutti. Penso invece che riuscire a capire in modo più profondo quale è la nostra identità toglierebbe la ambiguità che abbiamo nei confronti delle altre culture. Accettare non serve a niente, quello che dobbiamo cercare è una conoscenza reciproca, delle regole di convivenza. Solo il tempo potrà portare ad una vera integrazione, all'amalgamarsi dei costumi; pretendere di avere tutto e subito è inutile.

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